IFood I Pericoli dell'Omologazione Alimentare - Paganini non Ripete 276 - Pietro Paganini
IFood I Pericoli dell’Omologazione Alimentare – Paganini non Ripete 276 – Pietro Paganini
Algoritmi, etichette, leve fiscali e propaganda sono gli strumenti che gruppi legati da interessi politici e commerciali utilizzano per imporre la dieta universaleQuesta favorisce le economie di scala ma minaccia la diversità e la libertà di scelta, e quindi la libera concorrenza. Le imprese alimentari sono spinte, pur di sopravvivere, a omologarsi al pensiero unico della dieta universale. Senza creatività e imprenditorialità non c’è innovazione.  

IFood I Pericoli dell’Omologazione Alimentare

COSA SUCCEDE   Imprenditori e imprese sempre più spesso praticano strategie produttive che non rispettano la ragione sociale dell’intraprendere e che tendono a frenarla: cioè agiscono contro la più ampia libertà individuale dei cittadini che compongono il mercato e quindi contro la concorrenza.
 
STANDO AI FATTI   come in tutti i settori industriali anche in quello alimentare e agricolo le aziende di produzione e trasformazione cercano di creare economie di scala. Perseguono lo sviluppo di una catena del valore globale che non si deve adattare alle diverse peculiarità dei mercati locali.
  • Si ingegnano per produrre alimenti e bevande universali che possano piacere e soddisfare il maggior numero di consumatori su scala mondiale senza variare e adattare le ricette, la formulazione chimica degli ingredienti o le caratteristiche organolettiche ai gusti e alle inclinazioni dei singoli consumatori.
  • Pianificano economie di locazione così da produrre in aree economicamente e logisticamente strategiche (non legate ad alcuna precisa regione o tradizione culinaria).
  • Si affidano a campagne commerciali e di comunicazione internazionali che non devono essere adattate ai mercati regionali.
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IPHONIZZAZIONE   anche l’industria alimentare insegue e persegue l’economia dell’iPhone o delle Nike, cioè prodotti universali
  • Si tratta dell’IPhonizzazione della nutrizione: prodotti alimentari che piacciono a tutti manufatti in un’economia di locazione per ottenere un’economia di scala.
  • Di per sé è una legittima aspirazione imprenditoriale che, attraverso l’ingegno, gli investimenti e la capacità manageriale, produce innovazione
  • È anche un’evoluzione naturale delle cose. Già ci sono prodotti che, più o meno in economia di scala, riescono a soddisfare i bisogni e i desideri dei consumatori di tutto il mondo. 

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C’È UN PERÒ   Per l’industria alimentare c’è però, un problema: modificare le diete che appartengono alla tradizione geografica e storica di una regione per sostituirle con prodotti e quindi gusti universali è molto complicato e richiede molto tempo (che è denaro). 
  • La dieta che ciascuno di noi segue è una delle abitudini umane più intime ed è composta e condizionata da innumerevoli e complessi fattori (DNA, metabolismo, tradizione, storia, geografia, e soprattutto coscienza, etc.) ed è quindi difficilmente modificabile, soprattutto nel breve tempo.

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POLITICA ALIMENTARE   Per superare questo problema con cui il settore dell’automobile, della moda e della tecnologia per esempio, non si sono dovuti confrontare, si prova a manipolare i comportamenti dei consumatori sollecitandoli su questioni percepite (attraverso campagne socio-mediatiche emotive): la salute e la sostenibilità
  • Da qui il ricorso ad algoritmi, etichette nutrizionali e leve fiscali che servono a indicare cosa è buono e cosa non è cattivo secondo la dieta universale, cioè cosa è salutare per i consumatori e cosa è sostenibile per il pianeta.

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PROPAGANDA ALIMENTARE   In questo modo i consumatori vengono condizionati, attraverso etichette (semafori e Nutrissero, per esempio) e propaganda (messaggi media che toccano l’emotività piuttosto che la ragione), a scegliere prodotti definiti come salutari e sostenibili. 
  • Va però rimarcato che la salubrità e la sostenibilità non sono criteri oggettivi, ma li stabilisce un algoritmo ingegnerizzato da un gruppo (ristretto e compiacente) di scienziati che a loro volta, molto spesso, inseguono un’ideologia politica o interessi commerciali, cioè non si affidano al dubbio e al senso critico che sono alla base del metodo sperimentale della scienza.

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Un comportamento del genere è un processo perverso quanto pericoloso sia per le libertà individuali e quindi di scelta, ma soprattutto per la diversità che è poi alla base della Libertà. 
  • Si minaccia la diversità di ciascun consumatore attraverso l’imposizione di un gusto universale. Si minaccia anche la diversità delle diete a cui i consumatori riferiscono, e quindi la storia e la tradizione.

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OMOLOGAZIONE   Nella logica di tale comportamento gli imprenditori e le imprese sono spinti a riformulare le proprie ricette per inseguire il prodotto universale. Rinunciano così, e quindi boicottano, i fattori su cui la dieta di ciascuno si fonda (i fattori di cui sopra). 
 
NON È INNOVAZIONE   Si confonde l’innovazione con l’omologazione. L’innovazione è un processo a cui contribuiscono l’ingegno, la forza creativa e imprenditoriale dell’uomo che per risolvere problemi cerca soluzioni sempre nuove. Con la dieta universale le imprese sono invece spinte a usare la scienza per “innovare”. È uno schema fisso e definitivo (algoritmico) che deve ottenere forzatamente un risultato certo. 
  • Il risultato è che il consumatore è invogliato (artificialmente) a mangiare ciò che gli viene suggerito attraverso le etichette e la propaganda, cioè la dieta universale che un gruppo di scienziati ha stabilito a tavolino, incuranti della natura (DNA, metabolismo, coscienza, carattere, inclinazioni, etc.) e della storia (economica e sociale) di ciascuno.
  • Le aziende o inseguono la dieta universale o perdono quote di mercato
  • La diversità che si manifesta nella storia e nella tradizione di ciascun territorio (e che è la straordinaria meraviglia dell’umanità), viene ridotta o cancellata per lasciare spazio a diete artificiali. Così muore anche l’economia dei territori e alla lunga l’idea stessa di mercato

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RIASSUMENDO   la rincorsa agli algoritmi, alle etichette, e al gusto universale non favorisce l’innovazione in quanto processo creativo che mette in concorrenza la diversità e quindi a favorire il cambiamento. 
Impone un sistema agricolo e industriale in cui scienza e innovazione devono produrre risultati certi e definitivi secondo l’ideologia dominante.
Appunto il contrario  dell’intraprendere. 

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Image credit: Jocelyn Tsaih, courtesy of the NYT >>>

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PNR