Antropocentrismo Universale - Paganini non Ripete 275 pietro paganini Ana Miminoshvili

Antropocentrismo Universale – Paganini non Ripete 275

Le piante parlano e urlano. Uno studio ha dimostrato che le piante reagiscono allo stress emettendo suoni. Per media, scienziati e pensatori di ogni genere le piante si comportano come gli uomini. Questa interpretazione antropocentrica è pericolosa. Non sappiamo – ancora – se le piante sono coscienti. Rischiamo di preferire le emozioni alla scienza, e di produrre politiche e regole pericolose per noi e la tutela della natura. 
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 Antropocentrismo Universale

COSA SUCCEDE   Le piante parlano e urlano. Per la prima volta si è dimostrato che le piante emettono suoni nell’aria, che possono essere rilevati da diverse metri di distanza. Lo studio pubblicato di recente dall’università di Tel-Aviv mostra che i suoni emessi trasportano informazioni sullo stato fisiologico della pianta che le emette
Il suono, quindi le informazioni, cambiano in funzione dello stress che sperimentano (siccità, taglio umano).  
PERCHÈ È IMPORTANTE   È una scoperta straordinaria che ci aiuta a meglio comprendere i meccanismi della vita, ma che alimenta il dibattito oggi più che mai necessario sul rapporto tra uomo, esseri viventi, tecnologia, cioè sulla coscienza. 

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GIÀ SAPEVAMO   che le piante reagiscono a situazioni di stress producendo segnali visivi, chimici e tattili, cui altri organismi possono rispondere. 
  • Se stressate le piante modificano il loro fenotipo, differenziandosi visivamente, sia per colore che per forma, dalle piante non stressate. 
  • Emettono anche composti organici volatili (VOC), ad esempio quando esposte alla siccità o agli erbivori. 
  • I composti organici possono anche influenzare le piante vicine, aumentando la loro resistenza. 

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LA SCOPERTA   Non si aveva dimostrazione della capacità delle piante di emettere suoni nell’aria potenzialmente udibili e interpretabili da altri esseri viventi
  • La scoperta delle emissioni acustiche può aiutarci a comprendere meglio l’ecologia e nell’evoluzione, con implicazioni importanti nella salvaguardia della biodiversità
  • per il monitoraggio delle piante in agricoltura 
  • e in molte altre aree scientifiche, come quella che riguarda la coscienza. 

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IL PROBLEMA DELLA COSCIENZA   Dobbiamo ora porci il problema di interpretare la scoperta. Ad esempio, in un’interpretazione antropocentrica, le piante si comporterebbero come gli esseri umani. Tuttavia, non abbiamo le prove che sia così. 
L’APPROCCIO ANTROPOCENTRICO   è un approccio metodologicamente pericoloso perché pone l’uomo al di sopra della natura
  • Il fatto che le piante urlano, non significa che siano coscienti e che l’urlare le renda ugualI agli esseri umaniPerché l’emissione dei suoni è un fatto oggettivo che dimostra una reazione fisica (meccanica) ad uno stimolo esterno. 
  • Non abbiamo prova che la pianta reagisca con coscienza.  
  • La risposta alla minaccia esterna genera certamente un segnale d’allarme che ha avuto un ruolo importante nell’evoluzione delle specie.
  • Ma l’informazione veicolata non è il prodotto di un’azione cosciente che vuole trasmettere dolore, lamento, pianto, per suscitare – a sua volta – una reazione da altri soggetti coscienti.
Non vi è prova che le piante possano essere coscienti. Può essere che lo siano, ma non abbiamo ancora la conoscenza e gli strumenti per dimostrarlo. 
  • D’altronde siamo ancora all’inizio degli studi e delle riflessioni sulla coscienza nell’uomo, figuriamoci negli animali e nelle piante, o nelle cose (Pampsichia). 

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L’ANTROPOCENTRIZZAZIONE EMOTIVA   Purtroppo, per i media ma anche per alcuni prestigiosi giornali scientifici (vedi Nature), il dato oggettivo di emettere suoni corrisponde al fatto che le piante stiano piangendo o urlando, o addirittura mettendo in allarme i vicini o altri essere viventi. Le piante agirebbero cioè coscientemente. Sarebbe bello avere conferma che le piante godono di coscienza, ma non siamo in grado di dimostrarlo. 

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QUESTA UMANIZZAZIONE   del mondo è pericolosa seppure sia emotivamente piacevole e ci aiuti, in quanto esseri umani, a facilitarci la comprensione dei fenomeni naturali.
  • L’uomo è impiegato come unità di misura dell’universo. 
Ed è un modo pericoloso di studiare la natura perché non ci consente di comprenderne le dinamiche più profonde e stabilisce a priori una data concezione del vivere
  • Ci allontana dal comprendere il funzionamento dell’universo e perché asserve il metodo scientifico a una verità prestabilita e definitiva (ideologica, appunto). 
  • Tale approccio ci spinge a regolare la nostra convivenza con la natura in modo emotivo perdendo di vista la sostanza dei fatti

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IL PARADOSSO   In più, è quantomeno contraddittorio (e paradossale) che umanizzi la natura proprio chi ha un approccio ecologico (ideologico ambientalista e definitivo) . 
  • Si preoccupa di salvare il pianeta ma umanizzando tutti gli esseri che lo popolano  e in una versione ancora più contemporanea  si umanizzano le cose (Pampsichismo, le cose hanno coscienza e diritti). 

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L’EMOTIVITà DELLE REGOLE   Se si guardano le regole a cui l’Europa ha lavorato in questi anni, scorgiamo questo approccio. E ne dobbiamo essere preoccupati per le scelte a venire. 
  • Si dimostra ancora una volta che chi si affida all’ideologia tende metodologicamente a ignorare la diversità che è poi la ricchezza del nostro pianeta e dell’universo.
  • Finiamo così per travisare o addirittura discriminare l’individualità delle cose stesse. Ci emozioniamo per l’orso, lo scimpanzé, e ora le piante, mentre non ci preoccupiamo per gli intelligentissimi squali (90 milioni massacrati ogni anno), le formiche, i vermi e i moscerini, che pure, più delle piante potrebbero essere dotati di coscienza. Semplicemente non ci somigliano o non trovano spazio nei racconti in cui umanizziamo la natura. 

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CHE FARE   Raccontare che le piante piangono e urlano quando stressate, è, per ora, una favola, non è scienza. Le favole sono piacevoli perché rassicurano ma possono essere pericolose perché rischiano di illuderci che tutto sia semplice e definitivo. 
In futuro scopriremo, forse, che anche le cose hanno una coscienza. Se lo faremo dovremo finalmente ammettere che l’uomo è come il resto delle cose, e non viceversa

Antropocentrismo Universale – Paganini non Ripete 275

Illustration by Ana Miminoshvili, courtesy of The New Yorker

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PNR