W la montagna. In questo torrido agosto è la destinazione più fresca a cui possiamo aspirare. Beato chi ci va. L’aria frizzante che ci accompagna tra le rocce, i prati e i boschi, ci invoglia a scoprire con lunghe camminate che ci conducono nelle valli più sperdute e sulle cime più alte. Da lì dominiamo il mondo. La montagna richiama lo sport e l’esercizio duro, quello solitario. Il mare ci ricorda l’ozio e gli sport più da bauscia. E’ uno stereotipo, vero. Così come è vero che in montagna ci andiamo per muoverci e stare nella natura.

Montagna significa anche altura. Oltre al movimento che sicuramente influisce sulla nostra forma, l’altura ci aiuta a migliorare le nostre prestazioni ed acquistare una forma migliore. Ma ci sono dei rischi e,naturalmente, delle tecniche per evitarli. Vi ricordate le squadre di calcio in montagna? Ci andavano per trovare il fresco ma anche per l’altura. Così per tanti altri sport e atleti che in precisi periodi dell’anno vanno a ricercare l’altezza.

L’allenamento in montagna serve per:
– migliorare la capacità aerobica
– migliorare la capacità di utilizzare l’ossigeno
– migliorare la capacità di trasporto dell’ossigeno

Perché?

Le caratteristiche peculiari del clima montano possono essere così riassunte:
aumento radiazioni solari radiazioni solari e della ventosità
– riduzione pressione
– riduzione della pressione parziale dell’ossigeno
– riduzione della densità dell’aria
– riduzione dell’umidità

In quota si riducono anche gli allergeni e le sostanze inquinanti.

L’aria di montagna contiene meno ossigeno? No. L’ossigeno presente nella miscela gassosa (21%) che compone l’aria che respiriamo in altura è presente nella stessa percentuale di quella che inspiriamo al livello del mare. Cambia però la pressione parziale che si riduce notevolmente con l’aumentare della quota. La ridotta presenza di ossigeno nel sangue (ipossiemia) causa una insufficente ossigenazione dei tessuti e degli organi.
La pressione parziale di ossigeno nell’aria infatti varia in modo inversamente proporzionale all’aumento della quota, risentendo solo marginalmente della temperatura e dell’umidità dell’aria.
La pressione parziale di ossigeno nell’aria passa infatti da circa 160 mmHg a livello del mare a circa 110 mmHg a 3000 m, portando la saturazione di ossigeno nel sangue da 98% al 90%.
A quote comprese tra i 5-6000 m la pressione parziale di ossigeno scende a 80 mmHg e sulla cima della vetta più alta del mondo, il monte Everest a oltre 8800 m, la pressione parziale di ossigeno è meno di un terzo (circa 50 mmHg) rispetto a quella presente a livello del mare e la saturazione di ossigeno nel sangue precipita al 25%.

La densità dell’aria diminuisce con l’aumentare della quota perché diminuisce la pressione atmosferica, ma è anche influenzata dalla temperatura e dall’umidità. Il calo della densità dell’aria in funzione dell’altitudine ha effetti positivi sulla meccanica respiratoria.

Cosa succede quando ci alleniamo in quota?
Quando ci spostiamo in alta quota fatichiamo a respirare. Va ricordato che la respirazione consiste nello scambio di gas (O2 e CO2) tra sangue e tessuti.
All’aumentare dell’altitudine infatti, vi è una minor quantità di ossigeno che ad ogni respirazione raggiunge i nostri polmoni (a causa della riduzione della pressione atmosferica); il sistema circolatorio porta meno ossigeno ai tessuti muscolari, con progressivo calo di efficienza dell’organismo.

Per il nostro corpo significa che
– aumenta la frequenza cardiaca a riposo
– crescono i valori pressori
– vi è un adattamento endocrinologico
– vi sono cambiamenti nel ritmo respiratorio notturno
– rischiamo frequenti RISVEGLI sveglie notturne
– aumenta la produzione di urine.

Quindi:
Il nostro organismo in alta montagna impara a compensare la minore concentrazione d’ossigeno (ipossia) con un incremento della profondità del respiro e della frequenza respiratoria (iper-ventilazione). La comparsa di un lieve stato di affanno durante l’esecuzione di uno sforzo fisico è pertanto una condizione normale.

Il cuore, come risposta all’ipossia, aumenta la frequenza dei battiti e il volume di sangue pompato (portata cardiaca). Questo meccanismo di compensazione, fornisce una maggiore quantità di sangue ossigenato ai tessuti periferici. L’aumento della portata cardiaca si riduce nei giorni seguenti senza tornare, però, agli stessi valori presenti a livello mare.

L’aumento dei globuli rossi iniziale è legato alla contrazione della milza, ma se il soggiorno si protrae qualche settimana è attivato il processo di produzione degli eritrociti, chiamato “eritropoiesi”.

Bere tanto e pasta in abbondanza

L’aria in altitudine è più fredda e più secca, lo sforzo, se breve, è più piacevole, ma aumenta la perdita di acqua (circa 8 litri al giorno a 5000 metri) con rischio di disidratazione se i liquidi non vengono reintegrati. Il freddo produce vasocostrizione (per ridurre le perdite di calore), brividi e tremori (per produrre calore, con relativo aumento del metabolismo e consumo di energia).

Per questo In altitudine è importante assumere la giusta quota di carboidrati nella dieta quotidiana: deve essere pari al 60/65% per cento dell’insieme delle calorie. In ipossia l’organismo richiede da solo più carboidrati perché deve mantenere basso il fabbisogno di ossigeno.

Acclimatarsi è importante
A molti la quota da fastidio, almeno fino a quanto non si acclimatano. Chi sale con rapidità sopra i 2.500 può presentare fastidiosi disturbi, di solito transitori (cefalea, perdita dell’appetito, nausea e vomito, vertigini, difficoltà a dormire), che scompaiono dopo due o tre giorni di acclimatazione. Si chiama Male di Montagna
Nella maggior parte dei casi si risolve il tutto con dell’aspirina e un po’ di riposo.

Come ci si acclima?
Prima di avventurarsi a quote elevate, possono essere utili degli allenamenti anaerobici. In altitudine, la maggior parte delle persone riesce a mantenere un ritmo normale (lento) ma, non appena questo aumenta, o se si fa uno sforzo anaerobico per alcuni secondi (uno sprint), il tempo di recupero sarà lungo. In alta quota, per l’organismo è difficile eliminare l’acido lattico, e i muscoli per un po’ ne risentono.
Partendo da un’altitudine in cui l’organismo si senta bene, bisogna salire gradualmente più in alto di circa 1000 – 2000 m, in modo che il corpo inneschi il meccanismo di acclimatazione.

Benefici
La riduzione del volume plasmatico e l’aumento della concentrazione dell’emoglobina comportano un aumento della capacità di trasporto dell’ossigeno da parte del sangue. Infine l’ ipossia stimola una sintesi di globuli rossi da parte del midollo osseo che porta a policitemia.
E dimostrato che in quota aumenta la capillarizzazione muscolare, e quindi l’efficienza del sistema circolatorio.E’ anche dimostrato aumento dei mitocondri e degli enzimi della via aerobica, con notevoli miglioramenti sulla produzione di energia e l’efficienza dei sistemi che ne stanno alla base.

Fa bene allenarsi in quota? Si, ma se ci prepariamo bene e ci facciamo seguire da personale esperto. I benefici sono molti così come ci possono essere dei rischi.

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PNR