di Benedetta Fiani

L’estate è cominciata. Pronti a lunghi bagni in mare e a pisolini sotto le fronde? Per placare la vostra voglia di viaggiare e prepararvi alle tanto agognate ferie abbiamo raccolto i 3 miti più radicati che riguardano la spiaggia.

1. Si può fare il bagno dopo mangiato? Genitori e nonni ce lo dicevano sempre da bambini: meglio attendere almeno tre ore dopo il pasto, prima di buttarsi nuovamente in acqua. Dopo una abbondante porzione di parmigiana di melanzane secondo la saggezza popolare non sarebbe il caso di entrare in mare o in piscina, perché la differenza di temperatura potrebbe bloccare la digestione, scatenare un malore e rendere più probabile un annegamento. Ma la saggezza popolare, in questo caso, non va molto d’accordo con la medicina. Non esistono prove scientifiche che dimostrino una correlazione tra bagno dopo mangiato e persone che affogano. Basta l’accortezza di bagnarsi gradualmente, lasciando modo al corpo di abituarsi alla temperatura. Ed evitare di bere alcolici, uno dei fattori che più sono responsabili dell’annegamento.

2. Perché in estate fa più caldo? Sembra molto facile: in estate fa più caldo perché il nostro pianeta è più vicino al Sole. E invece no, in realtà nel periodo estivo la Terra si trova (almeno per quanto riguarda l’emisfero in cui ci troviamo) nel tratto del suo percorso più distante dalla nostra stella. Le diverse stagioni e le conseguenti variazioni di temperatura, infatti, non dipendono dal tragitto che la Terra compie attorno al Sole, ma piuttosto dall’inclinazione dell’asse terrestre. L’asse attorno a cui la Terra ruota su se stessa, infatti, è inclinato di circa 23 gradi rispetto al piano che il pianeta descrive intorno al Sole. Se la linea immaginaria che passa tra polo Sud e Nord fosse perpendicolare, tutte le aree della Terra riceverebbero durante l’anno la medesima quantità di luce. L’inclinazione dell’asse, invece, determina una differenza nella quantità di luce che i due emisferi (boreale e australe) ricevono e una conseguente alternanza di periodi di maggiore freddo e caldo. Durante l’estate boreale, per esempio, il nostro emisfero è inclinato verso il Sole, è colpito dai suoi raggi più direttamente e quindi fa più caldo, mentre nello stesso momento l’emisfero australe, dove è inverno, ha un’inclinazione opposta e dunque vi fa più freddo. Il ragionamento inverso si può fare per l’inverno boreale e l’estate australe.

3. Che cos’è il fattore di protezione solare? È quel numeretto cui tutti fanno attenzione quando si sceglie una crema solare: due cifre che dovrebbero orientarci verso una protezione più o meno forte. Ma cosa rappresenta davvero il fattore di protezione solare o Fps? Generalmente si crede che metta in relazione il tempo che impieghiamo a scottarci con o senza il filtro protettivo della crema. Basta un esempio: se generalmente impiegheremmo 10 minuti a scottarci, con un fattore di protezione 15 saremmo in grado di tutelarci per 150 minuti, 2 ore e mezza (si moltiplica 15 per 10). Peccato che la vicenda non sia davvero così semplice. Il numero della protezione solare, infatti, è collegato alla percentuale di un tipo di raggi ultravioletti (gli Uvb) che vengono filtrati dalla crema. Con una protezione 15, per esempio, vengono assorbiti o riflessi circa il 93% degli Uvb, mentre uno schermo 30 protegge solo fino al 97%. Al raddoppiare del fattore l’effetto di protezione non aumenta di molto. È per questo che in Europa si parla di creme solari con Fps superiore a 50 come di schermi 50+ e non esiste più la protezione totale: mettere un fattore più alto sarebbe ingannevole per il consumatore. Quando scegliete una crema solare, inoltre, fate attenzione non solamente all’Fps relativo agli Uvb, ma controllate che schermi anche dai raggi ultravioletti A (gli Uva). E, qualsiasi sia la vostra carnagione, spalmatevi sempre, spesso e abbondantemente.

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PNR