Donare Se Stessi

di Maria Serra Giuseppe De Lillo si è spento a 43 anni. Ripeteva spesso parafrasando un motto dannunziano: “Siamo ricchi… Continue Reading

Omnibus La7 – Italia, Storia di un Welfare Tarocco

Dopo otto mesi positivi, a maggio è tornata a salire la disoccupazione, sia a livello generale che a livello giovanile. Il tasso di disoccupazione risale così all’11,3% (+0,2 punti percentuali rispetto ad aprile) e quello giovanile al 37% (+1,8%). Lo stima l’Istat aggiungendo che l’incidenza dei giovani della stessa classe di età è pari al 9,4% (cioè meno di un giovane su 10 è disoccupato). Questa tendenza risulta in aumento di 0,4 punti percentuali rispetto ad aprile. Il tasso di occupazione cala di 0,5 punti, mentre quello di inattività rimane invariato. Risultano in aumento solo gli occupati ultracinquantenni e i dipendenti con contratti a termine: con la fine degli incentivi voluti dal Governo Renzi si inverte dunque la stabilizzazione.

Le rilevazioni dell’ISTAT si incrociano tristemente con i dati presentati pochi giorni fa dall’INPS. Nel 2005 i più poveri di tutti erano gli over 65, circa il 4% sul totale. Nel 2015 è la classe d’età che se la passa meglio di tutti, anzi gli unici a stare meglio rispetto a dieci anni fa. Non si può dire lo stesso degli under 17, in cui la percentuale di poveri triplica, passando dal 4% al 12%. Così come accade per la classe di età tra i 18 e i 34 anni, i cui poveri sono passati dal 3% al 10%. In poche parole, le uniche due classi di età la cui popolazione in povertà assoluta supera la soglia di uno su dieci sono quelle al di sotto i 34 anni.

Alla luce di questi numeri, ci si aspetterebbe che i trasferimenti erogati dal welfare italiano siano in buonissima parte protesi a coprire questo disequilibrio. Del resto, non è forse vero che la disoccupazione giovanile lambisce il 40%, che ci sono 2 milioni e mezzo di giovani che non studiano e non lavorano, che siamo il Paese che fa meno figli in Europa e che questo creerà non pochi problemi a quegli stessi giovani di oggi quando giovani non lo saranno più?

Rai1 – Uno Mattina Estate: Trasporto Regionale: l’Incubo del Pendolare

Il trasporto regionale è una delle componenti più importanti del sistema ferroviario nazionale che ogni giorno coinvolge oltre 10 milioni di passeggeri che usano il treno come mezzo principale per i loro spostamenti.

A seguito della Legge Bassanini, la competenza in materia di trasporto regionale è passata dal Stato alle Regioni che sono diventate l’interlocutore privilegiato con i diversi concessionari nel definire, attraversi i Contratti di servizio, la quantità, i costi e gli standard di qualità dei servizi ferroviari erogati sul proprio territorio. Inoltre, dal 2001, anche le risorse già destinate al finanziamento del servizio ferroviario locale sono state automaticamente trasferite alle Regioni.

Storicamente la maggiore domanda di trasporto regionale ha una connotazione di tipo pendolare ed è concentrate nelle regioni Lombardia, Lazio Campania, Toscana, Piemonte, Veneto, Emilia Romagna e Liguria che insieme contano per oltre l’80% del totale nazionale. Il fenomeno è in continuo aumento e nel 2014 si sono registrate circa 100 mila persone in più rispetto all’anno precedente.

Il trasporto ferroviario regionale, in Italia, presenta non pochi problemi legati particolarmente ai bassi livelli di investimento, sia nelle infrastrutture che nella qualità del servizio. Materiale vetusto, tempi di percorrenza lunghi e servizio concentrato solo in determinate fasce orarie, congestione dei nodi urbani sono i principali problemi lamentati dall’utenza.

Nel corso degli ultimi anni le Regioni hanno investito nel trasporto ferroviario regionale mediamente meno dell’1% del loro bilancio.

Guarda l’intervento su Unomattina – Rai Uno