Unomattina – Rai1: Rallenta la ripresa dell’economia italiana

Rallenta la ripresa dell’economia italiana nel breve termine, che cresce ma perde slancio, lo dice la nota mensile dell’Istat. Segnali sempre poco favorevoli arrivano anche dai consumi, dal clima di fiducia delle famiglie italiane e dalle imprese dei servizi. Nel primo trimestre le performance delle imprese hanno confermato la tendenza al miglioramento dei mesi precedenti.

Rispetto al trimestre precedente l’Istat segnala che il valore aggiunto sia aumento dell’1,2%, il risultato lordo di gestione dell’1,5% e gli investimenti fissi lordi dell’1,0%. Ma a questi segnali corrisponde, tuttavia, un’evoluzione modesta ed eterogenea degli indici di fiducia nel secondo trimestre che segnalano il lieve miglioramento dei giudizi delle imprese manifatturiere e di costruzione a fronte del peggioramento di quelli delle imprese dei servizi di mercato e del commercio. Le nubi non si dissipano, poiché devono ancora essere considerati i dati relativi allo shock per la Brexit.

A complicare un quadro non certo roseo, c’è la caduta dei prezzi al consumo confermando le aspettative di una inflazione ancora debole. Ne deriva che oltre la metà dei consumatori continua ad aspettarsi prezzi al consumo stabili nei prossimi dodici mesi, mentre tra i produttori di beni di consumo le indicazioni di possibili aumenti nel breve periodo rimangono molto limitati.

E’ fresca di poche ore la notizia per cui la Consulta ritiene legittimo il prelievo di solidarietà sulle pensioni d’oro introdotto dal Governo Letta due anni fa. La penalizzazione colpisce, con un taglio del 6%, gli assegni previdenziali di importo annuo compreso (valori 2016) tra 91.343,99 e 130.491,40 euro (fra 14 e 20 volte l’importo della pensione minima); il taglio sale al 12% per gli importi tra 130.491,41 e 195.737,1 euro; arriva al 18% per gli importi superiori.

Di questo e molto altro ho parlato ad Unomattina stamane, ospite di Rai Uno.

Omnibus La7 – L’Europa dopo la Brexit

Quale sarà il futuro dell’Europa dopo la Brexit? Questa mattina sono stato ospite di Omnibus La7, per ragionare e mappare le incertezze politiche ed economiche europee a seguito del voto al referendum britannico. Partendo da presupposto che il mondo sta cambiando da un punto di vista tecnologico, lavorativo ed economico, l’Unione Europea non è stata in grado di rispondere in maniera adeguata, ad oggi questa lacuna impone una trasformazione nel modello di sviluppo europeo.

L’Europa dovrebbe portare avanti una riflessione sulla propria struttura, ma la verità è che l’Europa non esiste in quanto Stati Uniti d’Europa, ma in quanto un’Unione di Stati i cui rapporti sono regolati da una serie di trattati. Tuttavia, i Paesi continuano a rivendicare una loro egemonia ed identità, soffrendo la delega di una parte della loro sovranità a Bruxelles. Non dimentichiamoci che poco più di un anno fa sull’Europa aleggiava lo spettro di un’altra EXIT, quella greca. La Grexit non l’ha risolta ancora nessuno e la Grecia, a parte qualche timida riforma strutturale, rimane uno stato completamente privo di un’economia industriale su cui dovrebbe dipanarsi la ripresa.

A questo si deve aggiungere la difficoltà che Milano riscontra nel trasformarsi in un vero e proprio hub finanziario europeo. I CEO e gli azionisti delle grandi multinazionali, nel caso in cui vagliassero l’opzione di abbandonare Londra, a seguito della Brexit, per portare i loro HQ in altre città europee, difficilmente opterebbero per Milano, preferendole Dublino o Francoforte. Non è una questione meramente legata al fisco, che in Italia è comunque più alto rispetto ad altri paesi europei, ma è la difficoltà che si riscontra a fare impresa nel nostro Paese a disincentivare gli investimenti. Una burocrazia esageratamente complicata, come quella italiana, ed un sistema legale non sempre limpido, distraggono dalle importanti prospettive che potrebbe giocarsi la città di Milano, in quanto unica città italiana dallo spirito europeo ed internazionale, a seguito del voto britannico in favore della Brexit.

Agorà – Rai3: Brexit, come si esce dall’Unione Europea

Ragionare su come si esce dall’Unione Europea non è un esercizio difficile come quantificare i vantaggi e gli svantaggi dell’eventuale uscita della Gran Bretagna. Una vittoria dei favorevoli all’uscita è percepita con estrema preoccupazione in tutto il continente, preoccupazione dettata dall’incertezza delle conseguenze, non solo economiche, ma anche politiche dal momento che c’è da considerare il fatto che nessuno ha idea di cosa accadrà se e quando uno stato membro decidesse di lasciare l’Unione Europea.

Innanzitutto, non si può approvare, nell’immediatezza di un risultato referendario, l’uscita dall’Unione Europea perché i rapporti legali tra la Gran Bretagna e l’Unione Europea sono regolati da accordi e trattati che derivano proprio dalla sua appartenenza all’UE – un esempio per tutti, il mercato unico europeo, ossia l’assenza di barriere per la circolazione di persone, merci e capitali all’interno dei confini europei. Questi accordi dovranno essere necessariamente rinegoziati, negoziazioni che potrebbero trascinarsi fra i due e i sette anni.

Tuttavia le conseguenze di un Leave potrebbero essere meno traumatiche di quanto si pensi, con i mercati che stanno già scontando la possibilità e con la sterlina che si è già indebolita rispetto all’euro. La Bank of England ha già previsto un fondo di stabilità sia per i mercati valutari che per quelli delle obbligazioni e i grandi investitori si sono già allontanati da titoli con attività troppo esposte sul Regno Unito.

L’unica cosa certa rimane il fatto che dopo il 23 giugno l’Europa non sarà più la stessa.