Milano Città Stato, Milano Città dell’Innovazione

I candidati Sindaco della Città di Milano devono condividere l’ambizione di costruire la città che diventi modello di sviluppo per il resto del mondo. Milano deve essere attrattiva, deve trattenere, e soprattutto deve competere. Milano deve essere la meta ambiziosa di imprenditori, investitori e turisti. Deve essere la città dove i milanesi prosperano e accrescono la loro libertà. Milano deve diventare una città autonoma, come le altre grandi capitali europee, Parigi, Berlino e Londra. Nasce così #Milanocittàstato. Deve essere anche una freezone, un’area giuridicamente indipendente dal punto di vista legale, economico, amministrativo e politico.

I candidati Sindaco hanno firmato il pledge che gli abbiamo presentato, impegnandosi a concretizzare la grande area metropolitana con l’elezione diretta del sindaco. Hanno firmato per costruire la città del futuro, la città che tutti vogliono.

Vedi il mio articolo per il Corriere della Sera: Milano Città dell’Innovazione

 

 

Omnibus La7: Atac è il peggior erogatore di servizio pubblico in Europa

Che Atac sia il peggior erogatore di servizio pubblico in Europa lo conferma il fatto che il 31 maggio è stato indetto l’ennesimo sciopero, il settimanale appuntamento con il disagio del servizio pubblico per i cittadini romani.  Tra metà giugno 2013 e fine ottobre 2015 i lavoratori del trasporto pubblico romano (Atac) hanno proclamato 139 scioperi (in media uno a settimana), contribuendo ad alimentare un fastidio generalizzato. I ricavi che Atac produce dalla fornitura dei servizi sono di gran lunga i più bassi tra le imprese di trasporto delle principali città europee: capitali europee: il 21% delle entrate contro il 65% di Parigi. Il resto del bilancio si finanzia con fondi pubblici e quindi grazie ai contribuenti.

Di fronte a questi numeri e all’inconsistenza delle proposte dei candidati a sindaco, lo studio della Fondazione Einaudi ha cercato di fornire alcuni spunti per aumentare la trasparenza nelle decisioni politiche e per migliorare l’amministrazione di un’azienda che oggi grava economicamente sulla collettività. La situazione dell’offerta di trasporto pubblico locale a Roma è tragicamente inadeguata. L’azienda tende a cogliere ogni buona occasione per comportarsi come se dovesse acquistare il consenso elettorale a danno del contribuente e del consumatore. Se invece modificasse la forma mentis dedicandosi esclusivamente alla fornitura di un servizio saremmo già un passo avanti. Per risolvere il pantano sono necessari investimenti, strategia di servizio e ripensare in maniera coraggiosamente il quadro istituzionale e di incentivi di chi amministra il trasporto pubblico.

Uno Mattina – Rai 1: G7, la priorità è la crescita tra crisi e petrolio

Al G7 di Shime i capi di Stato delle sette più grandi economie industriali al mondo hanno stabilito che la priorità da affrontare deve essere la crescita economica, tra crisi e petrolio. Per rilanciare la crescita potenziale si usa generalmente una ricetta di policy mix, fatta di politiche fiscali, monetarie e riforme strutturali. Il Primo Ministro giapponese, Shinzo Abe, ha cercato un coordinamento al vertice del G7 per allargare il cordone della borsa con politiche fiscali espansive. Tuttavia l’opinione dell’irriducibile Germania (e anche della Gran Bretagna) è quella di puntare al solito preciso rigore. Sul tavolo, quindi, restano solo le banche centrali a ridurre i tassi e a comprare le obbligazioni per rendere più facile la ripresa e le riforme strutturali.

A quale soluzione si arriverà? Probabilmente ad un nulla di fatto. Il Vertice in Giappone sembra essere servito solo ad esporre i problemi di ciascuno, fallendo l’obiettivo di un coordinamento comune in ambito economico. Il sentore di una crisi globale è forte, tra migranti e rischio Brexit, questo intimorisce gli investitori che quindi preferiscono non investire, ripercuotendosi negativamente sulle aziende che hanno meno soldi. Il circolo vizioso finisce con il colpire l’economia che non cresce. Shinzo Abe è stato caustico nell’evidenziare uno spaventoso parallelismo. Il calo del 55% dal 2014 del prezzo delle materie prime è la stessa percentuale registrata prima del collasso di Lehman Brothers. La campana sta suonando ma nessuno presta ascolto.

L’aumento, piuttosto repentino, del prezzo del petrolio a 50$ al barile può favorire l’economia globale, anche se le aziende petrolifere soffrono ancora gli effetti nefasti del crollo del greggio a meno di 30$ al barile dello scorso anno. L’aumento del prezzo è dovuto fondamentalmente all’interruzione dell’estrazione in alcuni paesi, come in Venezuela in cui l’estrazione del greggio è arrivata a costare più della vendita del prodotto, Nigeria e Iraq, dilaniati dalla morsa del terrorismo.

La Gabbia – La7: Ripetizioni, un giro d’affari vicino al miliardo

Intervista a La Gabbia sullo studio della Fondazione Einaudi sulle ripetizioni e l’evasione.

Il 50% degli studenti delle scuole superiori prende ripetizioni di almeno una materia per un giro d’affari che si avvicina al miliardo. Almeno il 90% non viene dichiarato al fisco. E’ quanto emerge da uno studio che la Fondazione Luigi Einaudi di Roma ha presentato oggi. Dopo gli studenti russi, gli italiani sono quelli che dedicano più tempo allo studio nelle attività pomeridiane e durante le vacanze.
E’ assurdo che chi frequenta la scuola pubblica si vede costretto a prendere ripetizioni. Qualcosa non funziona nel sistema. O i professori, o i programmi o gli studenti stessi. Per di più è un mercato nero. Il costo del malfunzionamento della scuola è a carico delle famiglie. E’ una contraddizione assurda rispetto ai principi della scuola pubblica. Per di più questo avviene senza che nessuno denunci il fenomeno. Infatti, fa comodo al sindacato e ai docenti arrotondare lo stipendio. Il Ministro dell’Istruzione e il Governo devono intervenire per regolarizzare la pratica delle ripetizioni anche attraverso degli incentivi fiscali verso il corpo docente e le famiglie. Non possiamo continuare a fare gli struzzi. Se si si fa ricorso alle ripetizioni significa che la scuola è adeguata. A meno che non consideriamo il 50% degli studenti delle superiori adeguato ai programmi. Sarebbe perciò meglio – continua Paganini – che la scuola funzionasse in modo tale che di ripetizioni private non ci fosse proprio bisogno.

Sigarette elettroniche: un mercato da regolare non da distruggere

Si è tenuto questa mattina presso la Biblioteca del Senato, il convegno organizzato dalla Fondazione Luigi Einaudi, in collaborazione con ANAFE, “Sigarette Elettroniche. Liberi di crescere tra fisco e regolamentazione”. La Tavola Rotonda ha coinvolto istituzioni, filiere del settore e multinazionali che si sono confrontate sui molteplici aspetti – fiscali e di salute pubblica – che coinvolgono il mercato delle sigarette elettroniche, al fine di trovare soluzione condivise. Al termine dei lavori, è emersa dalle parti l’opinione secondo la quale il mercato delle sigarette elettroniche ha bisogno di un mercato regolamentato che sia diverso da quello che regola il tabacco. Penalizzare il settore delle sigarette elettroniche significa, inevitabilmente un minore gettito, quindi una drastica riduzione dei posti di lavoro, che finisce con il colpire in maniera negativa anche lo sviluppo e l’innovazione. Appare del tutto evidente che il mercato andrà sempre più verso  forme di consumo che sono molto diverse dall’assunzione del tabacco in generale, per questo si avverte l’urgenza di lavorare assieme per soluzioni condivise ed efficienti.

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Sbagliando s’impara

E’ stato presentato venerdì 20 maggio, presso la John Cabot University, a Roma, l’annuale rapporto sull’imprenditorialità che Amway realizza ogni anno in collaborazione con l’Università Tecnica di Monaco (TUM) e GfK.

Il tema principale della Tavola Rotonda – il fallimento come opportunità o freno allo spirito imprenditoriale – è stato ispirato dalla recente iniziativa del DDL Fallimenti, attualmente in esame alla Commissione Giustizia, che in coerenza con quanto già avvenuto in moltissimi Paesi europei, elimina la parola fallimento per concentrarsi, invece, sulla gestione della crisi e dell’insolvenza.

Quello che dimostra la ricerca è che in Italia, ad esempio, la voglia di intraprendere è stabile: il 73% degli italiani risulta avere un atteggiamento positivo verso l’imprenditorialità, un dato che si attesta al di sopra della media europea (72%) ma resta leggermente inferiore rispetto a quella globale (75%). E’ importante evidenziare come l’atteggiamento europeo verso il fare impresa sia più bassa rispetto alle altre regioni dl mondo.

Tuttavia da un punto di vista più concreto le cose vanno decisamente verso un’altra direzione. Tra i freni all’iniziativa imprenditoriale, in Italia si conferma molto significativa la paura del fallimento. A livello mondiale siamo secondi solo al Giappone, che però ha un atteggiamento culturale all’imprenditorialità del tutto peculiare.

Per comprendere appieno la rilevanza di questo dato, Amway ha preso a paragone gli Stati Uniti dove, nonostante dal 2013 abbiano avuto un notevole aumento della paura di fallire (dal 37% al 62%), non esiste lo stigma sociale dell’aver fallito. Il fallimento è vissuta tendenzialmente come stimolo a migliorarsi e a crescere.

Dall’indagine emerge come nei paesi in cui il PIL è più alto, la paura di fallire è percepita meno come un ostacolo per avviare un’attività d’impresa di quanto non accada in quelli in cui il PIL è più basso. Parallelamente la paura di fallire è percepita come un ostacolo soprattutto nei paesi in cui c’è maggiore avversione all’incertezza.

Il DDL Fallimenti propone di abbandonare l’espressione “fallimento” per evitare l’aura di negatività e discredito, anche personale che si accompagna a questo termine. Negatività e discredito che non sempre sono giustificati dal semplice fatto che un’attività abbia avuto un esito sfortunato.

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La Fondazione Agnelli ospita “Allenarsi per il Futuro”

Abbiamo portato la nostra idea di futuro nuovamente a Torino, questa volta ospiti della Fondazione Agnelli.

Essere CURIOSI, essere CREATIVI ed essere INTRAPRENDENTIsono queste le tre principali attitudini attorno alle quali deve essere strutturata l’attività di insegnamento, in un contesto nel quale il sapere è facilmente accessibile e condivisibile attraverso la rete e le tecnologie.

La scuola, insomma, deve necessariamente cambiare e diventare smart, ovverosia racchiudere in sé un mix di qualità molto più che apprezzabili: indispensabili. Devono cambiare le classi – quelle di oggi, frontali, sono obsolete – che devono aprirsi e trasformarsi in laboratori di sperimentazione e collaborazione. Anche il ruolo dell’insegnante deve essere ripensato: da tramite attraverso il quale apprendere a coordinatore a quello di guida e motivatore.

La scuola con la S maiuscola deve essere il luogo dove scoprire e provare a risolvere problemi, dove sbagliare e imparare a rialzarsi. Deve tornare a essere una palestra dove poter giocare e allenarsi. Perché è proprio lì, nella nuova scuola, che si inventano le professioni del futuro.

Allenarsi per il Futuro, proponendo la “classe intelligente” o la”classe aperta”, riesce ad andare oltre il tradizionale dibattito attorno alla riforma della scuola, incentrata sull’organizzazione del lavoro e sulla pianificazione dei programmi, che tra l’altro negli anni ha prodotto risultati molto scarsi, per offrire invece un nuovo paradigma didattico e pedagogico, capace di rimettere al centro di tutto lo studente di ogni ordine e grado. Perché una cosa è certa: la scuola non può più essere un’istituzione separata dal resto della società, ed in particolare dal mercato del lavoro, ma oggi più che mai deve essere integrata come spazio dove allenare costantemente curiosità, creatività e intraprendenza, oltre che apprendere nuove conoscenze ed esperienze. Si tratta di saper accogliere le naturali dinamiche dell’evoluzione come avviene nel gioco dove chiunque può qualificarsi e riqualificarsi in funzione delle opportunità o delle esigenze del mercato del lavoro.