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Opere Pubbliche: Perché Falliscono – Pietro PaganiniIl Sole 24 Ore

Mio intervento su il Sole 24 Ore del 31 Agosto 2018. L’editoriale spiega le ragioni del fallimento delle opere pubbliche, la cattiva gestione dei costi nonostante le regole, la pessima manutenzione nonostante le regole tecniche, il debole ruolo dello stato e della politica, il pessimo ruolo della burocrazia. Spiego cosa si fa all’estero e perché dovremmo semplicemente copiare gli anglosassoni.

Alcuni degli argomenti sono stati espressi alla trasmissione l’Aria che Tira su La7 che si può rivedere qui

Per quanto riguarda le nazionalizzazioni segnalo questi due pezzi, No allo Stato Innovatore, e No alla Nazionalizzazione.

Ecco alcuni stralci dell’editoriale per Il Sole 24 ore.

” Non c’è solo Genova. Spiace segnalarlo. Genova è una tragedia per la portata numerica ed economica, ma ogni giorno si consumano tante piccole tragedie. Sono gli incidenti dovuti alla cattiva gestione e al mancato controllo delle infrastrutture e delle opere pubbliche. Un esempio potrebbero essere gli incidenti dovuti alle buche di Roma o di altre città, o il ponte collassato in Brianza, o i solai di alcune scuole pubbliche che cadono a pezzi.  Il fallimento di un’opera cioè il mancato funzionamento o nel caso peggiore, il collasso, nel lontano passato poteva essere un evento fisiologico. Con l’impiego del metodo scientifico e la diffusione della cultura scientifica la fatalità dovrebbe essere ridotta quasi a zero.”

 

“Non si comprende perché le opere pubbliche  non siano soggette allo studio del Piano Economico Finanziario e Gestionale come invece qualsiasi impresa privata è tenuta a fare. Nel 1992 si era in modo timido introdotta (art. 46 del decreto legislativo n° 504/92 aggiornato con circolare n° 1199 del 2 febbraio 1994) l’obbligatorietà dello studio del Piano Economico Finanziario e Gestionale per la realizzazione di alcune opere pubbliche, ma invece di essere perfezionato ed esteso man mano alle opere più complesse, è scomparso. Con i moderni sistemi di progettazione, per esempio il BIM – Building Information Modelling –, si elabora una progettazione consapevole non solo di tutto quello che avviene durante la costruzione del sistema edificio-impianto, ma anche del suo evolversi nel tempo, dopo la fine dei lavori. In Italia l’utilizzo del BIM è diventato obbligatorio per opere sopra i 100 milioni di €. In UK si applica per tutte le opere sopra gli 8 milioni di € con l’obbligo di definire gli interventi e i costi di demolizione alla fine della presunta durata della struttura. Nel caso di Genova così come per le buche delle strade, o per i crolli di edifici, o di palazzine di recente costruzione dopo i terremoti, le regole e le tecnologie applicative ci sono. ”

“Compito dello Stato attraverso i suoi rappresentanti, cioè la burocrazia pubblica, è quello di far si che l’interesse di tutti i cittadini venga rispettato. Il problema sta tutto qui, purtroppo. La burocrazia è incapace di controllare e di sanzionare. O peggio, oggi è diventata così complessa da condizionare essa stessa il sistema legislativo e democratico,  anziché essere sistema di trasmissione di regolamenti e leggi innovative tra il potere legislativo e i cittadini. I nostri rappresentanti eletti dovrebbero far si che questo non avvenga. Non è così. Per molti anni i rappresentanti si sono in qualche modo sottomessi alla burocrazia. Le ragioni sono molteplici: tra queste  è bene evidenziare che in molti casi i rappresentanti sono di passaggio in quanto comunque soggetti al mandato dei cittadini, mentre i burocrati restano immobili e immuni da qualsiasi giudizio, a volte persino quello della giustizia. Sarà così un giudice a valutare le responsabilità del crollo di Genova. L’impresa aveva il mandato di mantenere l’opera. La tragedia dimostra che non lo ha fatto. Ma la burocrazia ha vigilato?

Il governo ha giustamente evidenziato le possibili commistioni tra gestione pubblica e interessi imprenditoriali privati nella gestione delle opere. Ci vuole trasparenza. Purtroppo se la diagnosi è corretta ed è indispensabile punire i gestori inadempienti, ma togliere loro la concessione non deve tradursi nel passare l’intera gestione delle opere allo Stato. Questo Governo del Contro ha colto il male ma, dominato dall’emotività, propone la nazionalizzazione che sarebbe un disastroso ritorno allo statalismo ideologico e monopolistico.”

Opere Pubbliche: Perché Falliscono – Pietro PaganiniIl Sole 24 Ore

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PNR