di Raffaello Morelli

Il termine speranza indica un sentimento di attesa fiduciosa nel realizzarsi, presente o futuro, di quanto si desidera. Il significato è inequivoco finché si resta nell’ambito della cultura morale religiosa, ove la speranza è una delle tre virtù teologali infuse da Dio, insieme a fede e carità. Quando invece si entra nella cultura liberale – che, sulla base dell’esperienza storica, in materia civile si fonda sull’agire dell’individuo umano e sui rapporti interindividuali – le virtù teologali  attengono solo al credo del cittadino che lo ha, mentre nella vita di tutti la speranza assume due contenuti distinti. Uno è quello tradizionale di una speranza che si affida a Dio, non pone limiti e condizioni ai propri sogni e desideri e si esalta come obiettivo in sé. L’altro è un nuovo modo di intendere la speranza come qualcosa che non si stacca mai dal mondo e che, nel sognare e nel desiderare, è connesso indissolubilmente al conoscere  le condizioni per realizzarli, a cogliere i  limiti che ne derivano e a trovare le azioni e gli strumenti umani necessari per attuarli.  La differenza di fondo è che il primo contenuto indica un atteggiamento passivo di attesa dominato dalle  emozioni e che viceversa il secondo richiede un continuo impegno attivo e consapevole da parte di ogni singolo.

Questo stringato argomentare fa capire che il termine speranza può benissimo essere adoperato dai liberali nell’azione politica, purché sia chiaro che la sua accezione si riferisce al secondo contenuto del termine. Non può rientrare nell’azione politica liberale la speranza intesa come affidarsi passivamente agli eventi ed agire drogandosi  con l’utopia del desiderio, dell’ideologia, della fede. Per i liberali partecipare alla convivenza non vuol dire assistere senza esprimersi, significa prendere parte alle scelte che vanno compiendosi nel convivere, manifestando attivamente, con i mezzi da ciascuno ritenuti opportuni, le proposte, le iniziative, le critiche, le preferenze, le abitudini, le inclinazioni, gli affetti, che esprimono la propria identità.

Per creare tale ambiente, occorre potenziare in ciascuno lo spirito critico e la capacità di conoscere il mondo osservandolo, di perseverare nello studio, di applicarsi nel lavoro, di esternare le proprie attitudini naturali. Fin da giovanissimi, in famiglia e poi nelle aule scolastiche, il sistema educativo non deve pretendere di formare dei cittadini con lo stampino soffocandone le specificità nel segno del conformismo comunitario. Al contrario, la formazione deve far tesoro delle esperienze passate (l’istruzione di partenza uguale per tutti) per valorizzare le diversità di ogni cittadino, spirituali e fisiche, in modo che, nella cornice dell’uguaglianza dei diritti, esse amplino l’apporto di ciascuno al vivere insieme per costruire il futuro e, al tempo stesso, irrobustiscano la sua capacità di procurarsi i mezzi economici di sostentamento.

La speranza liberale va concepita come guida ai comportamenti quotidiani in una realtà mai completamente certa e sicura. Come cartello indicatore della meta di ognuno per soddisfare le proprie pulsioni più intime, intellettuali e di genere, nel rispetto pieno di quelle degli altri e della cornice di fatto esistente in ogni momento. Riuscendo così anche ad arricchire al massimo la convivenza attraverso la propria  diversità. La speranza liberale è l’opposto dell’invidia sociale. E’ l’aspirazione realistica a divenire un individuo dotato di più ampia comprensione delle cose, in grado di affrontare i problemi del vivere, capace di lasciare una traccia di sé il meno banale possibile.

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PNR