di Benedetta Fiani

Alle spalle della ricetta economica che vuol far passare il risanamento di un Paese dal ritorno alla moneta sovrana c’è la seguente convinzione: una moneta nazionale rende immune lo Stato dalla speculazione sul debito. In altri termini con una moneta sovrana è impossibile andare in default, anzi basterebbe rinominare il debito (italiano) da euro in lire per scacciare lo spauracchio dello spread e la pressione del mercato.

Peccato che non funzioni così. Basta un veloce sguardo sugli ultimi 20 anni: Venezuela (1998), Russia (1998), Ucraina (1998), Ecuador (1999), Argentina (2001) e Giamaica (2010 e 2013). Ma se volessimo concentrarci sulla fallibilità di un paese che batte moneta sovrana, conviene aprire un cono di luce sul default russo che travolse il rublo. Dopo l’introduzione della glasnost (ma non a causa di essa, o almeno non unicamente) l’impero sovietico implose. Bori Yeltsin, primo presidente della Federazione Russa, fu costretto ad aprire improvvisamente ai mercati internazionali, mettendo in luce il divario di produttività delle imprese russe rispetto a quelle occidentali: la liberalizzazione dei prezzi portò l’inflazione alle stelle.

A quel punto il governo ideò la privatizzazione con il sistema dei buoni: ogni cittadino avrebbe ricevuto un buono da diecimila rubli, una stima fatta dal governo della quota pro capite di economia nazionale. L’inflazione però rese ridicolo il valore dei buoni, tanto da spingere una nutrita cricca di avventori ad acquistare uno ad uno quei buoni per poi metterli insieme e reclamare intere aziende: benvenuta oligarchia.

Il colpo di grazia all’economia russa arrivò però dall’esterno: la crisi dei paesi asiatici del 1997 fece scendere il prezzo del petrolio e delle materie prime, per trattenere i capitali in patria e contenere l’inflazione, la Russia provò ad emettere nuova moneta sovrana a gennaio 1998. A maggio i minatori russi entrarono in sciopero, a giugno la Banca Centrale russa portava i tassi al 150%, con la Duma sul piede di guerra.

Ad agosto 1998 accadde quello che non sarebbe dovuto accadere: la Russia dichiarò default sul debito domestico ed una moratoria sul debito estero. A ottobre del 1998 il crollo dei raccolti agricoli portò la Federazione a chiedere aiuti umanitari.

Avere la moneta sovrana non ha protetto un’economia di rilievo né dalle pressioni esterne né tantomeno da quelle interne. La flessibilità dei cambi non risolse assolutamente nulla. A mandare fuori giri la Russia fu l’apertura ai mercati, da cui era rimasta isolata da decenni di cortina di ferro.

Quindi attenzione a cosa raccontano alcune correnti di pensiero: assolutamente nulla.

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PNR