di Roberto Ruggiero

A volte nel gruppo di lavoro un lavoratore potrebbe venir perseguitato dal proprio superiore e da altri colleghi con atteggiamenti ostili. In un contesto di terrore psicologico, dove un lavoratore perde totalmente la serenità di svolgere le proprie attività, si sta perpetrando sicuramente un’azione di mobbing. Secondo la definizione dello psicologo Harald Ege, il mobbing è “una forma di terrore psicologico sul posto di lavoro, esercitata attraverso comportamenti aggressivi e vessatori ripetuti, da parte di colleghi o superiori.”

Le motivazioni che possono spingere una persona o un gruppo ad attuare un’azione di mobbing su un individuo possono essere diverse. La causa più comune è legata all’aver espresso apertamente il dissenso nei confronti di una scelta aziendale o di un’attività, che i vertici vedono strategica e fondamentale. Altra opzione avviene quando un superiore si trovi a gestire una risorsa eccezionalmente competente e preparata a tal punto da sentire un senso di pericolo per la propria posizione. A questo si aggiunge spesso un palese contrasto di idee e posizioni, a volte reso esplicito apertamente durante le riunioni con tutto il team. Non sono da escludere raramente motivazioni legate solo a incompatibilità di carattere e all’acuirsi di litigi che vanno a toccare gli interessi personali e non solo quelli professionali.

Il buon manager deve saper cogliere i segnali che indicano come l’atteggiamento di un suo superiore o del team è mobbizzante nei suoi confronti, anche se è facile fraintendere nella frenesia delle attività e nei periodi intensi di lavoro. Ecco quindi alcuni consigli per identificare e valutare se si sta perpetrando un’azione di mobbing.

Primo: porre attenzione ai segnali negativi. La regola principe sul lavoro è quella di cogliere sempre tutti i segnali che arrivano dall’esterno, positivi e negativi che siano. Ma quelli negativi che si protraggono nel tempo e assumono crescente importanza sono già un buon punto di partenza per identificare il mobbing. Per esempio, alcuni segnali possono essere: una comunicazione importante dalla quale si viene esclusi, un meeting al quale non si viene invitati, un premio non riconosciuto nonostante i dati lo dimostrino, attività legate al vostro ruolo e mansione che vengono affidate ad altri.

Secondo: raccogliere gli indizi. Può essere che il periodo lavorativo sia intenso e stressante e si è propensi a leggere negativamente molti dei segnali che giungono, senza prendere in considerazione quelli positivi. Sicuramente il buon manager deve fare un’analisi accurata di tutti gli stimoli esterni che possano portare ad una lettura di un’azione di mobbing. In questa situazione si sconsiglia di affrontare la problematica solo in famiglia, dato che potrebbe accrescere lo stato di ansia e stress senza avere una visione imparziale. Cercare informalmente di raccogliere informazioni da colleghi che vi sembrano più vicini a voi e maggiormente propensi ad aiutarvi. Utile è sicuramente confrontarsi con una o più figure professionali simili alla vostra, ma che siano esterne all’organizzazione, in modo da analizzare insieme la situazione in maniera obiettiva.

Terzo: reagire velocemente e con risolutezza. Chi è vittima di mobbing, pensando di salvaguardare il posto di lavoro, tende a subire tutte le azioni negative in attesa di un’opportunità di riscatto. Questo atteggiamento porta invece gradualmente ad accentuare il malessere, a stati di ansia e a notti insonni. Nel momento in cui ci si rende conto che si è mobbizzati, bisogna sicuramente attivarsi per tutelare la propria integrità professionale. Raccogliere tutte le prove e rivolgersi a un legale o ad enti di supporto. Alcune organizzazioni hanno al loro interno degli organi preposti a valutare queste situazioni e non bisogna dubitare di coinvolgerli. Il mobbing è deleterio per l’azienda e il management deve prendere in considerazione il benessere di tutti i dipendenti. La creazione e lo sviluppo di un clima costruttivo e positivo è alla base di qualsiasi sana organizzazione.

“Il presente testo è frutto di pensieri e opinioni personali non associate al mio datore di lavoro e nessun’altra persona o azienda citata all’interno dell’articolo. Il presente testo non ha lo scopo di supportare nessuna organizzazione o promuovere alcun prodotto/servizio.”
 
Roberto Ruggiero è un professionista che opera come Sales & Marketing Manager da oltre 15 anni nel settore dell’Healthcare.
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