di Vita Lucrezia Vaccarella

Nel corso del recente processo che ha investito la politica romana, l’uomo della terra di sotto, come si compiace di definirsi, “il cecato” delle foto segnaletiche, come preferisco chiamarlo, mi ha fatto riflettere sul significato della parola “conflitto” rapportata all’ideologia ed allo scontro politico.

Lui, estremista di destra negli anni della lotta armata con la sinistra dell’eskimo, si è associato ad un più grossolano personaggio di estrazione comunista per arraffare denaro pubblico dietro lo schermo del cooperativismo sociale.

Quello che potrebbe sembrare un paradosso mi sembra, al contrario, il portato naturale della radice etimologica della parola “conflitto”.

Di derivazione latina, è una parola composta dal suffisso “cum” accostato al verbo fligere. Mi sono documentata ed ho scoperto che il termine conflitto, originariamente conteneva un secondo significato, forse presumibilmente il primo in senso etimologico, che rimandava ad un idea di incontro acceso che aveva la possibilità di risolversi positivamente. Il termine, utilizzato in tal senso da Cicerone, fa riferimento alla possibilità di “fare incontrare confrontare riunire avvicinare” (Cicerone), Solo tardivamente il termine ha acquistato l’attuale, univoca, valenza di combattere, contendere ed infine urtare ostilmente.

Ma a me pare che dietro la definizione attuale si nasconda una scelta precisa: celare la comunione d’intenti tra le opposte fazioni, la stessa che ha portato e porta a guerre sanguinose cui politici ed ideologici, per non parlare della maggioranza dei generali, mai hanno preso parte.

E così alla fine della seconda guerra mondiale, gli Stati Uniti hanno accolto a braccia aperte gli scienziati nazisti responsabili dell’invenzione dei missili V1 e V2 e di altre armi di distruzione di massa…Ma quale esempio più lampante di conflitto risolto nella personalità bipolare di Benito Mussolini, da socialista anarchico e pacifista a fascista autarchico e guerrafondaio.

Credo che sul piano ideologico, la parola conflitto non abbia mai perduto la sua originaria accezione, constatazione, di per sé neutra, anzi favorevole.. se non fosse che la strumentalizzazione del conflitto ha condotto agli scontri reali, alla guerra.

La guerra, si sa, la combattono esseri umani ghermiti dall’illusione di combattere per la patria, la gloria dei loro paesi, la libertà e la democrazia. E muoiono, spesso inconsapevoli della vanità del loro sacrificio.

Mi salgono alla mente tante vicende storiche di apparenti conflitti sfociati in tristemente noti fatti di sangue.  Emblematico quello che scrive Nicolai Lilin, nel romanzo “ Il serpente di Dio”  a proposito della guerra russo – cecena ..” Quando i russi invitavano un ribelle a scendere giù dalla montagna per un incontro, per il resto del gruppo non c’era dubbio: era il segno del potere assoluto, quello era il futuro leader “.

E per darne un’idea più casereccia, ripenso a Corrado Guzzanti che, imitando un uomo politico, invitava un membro di spicco dell’opposta fazione a ricordarsi degli “amichi “.

E se il conflitto cessasse di essere una pantomima?

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PNR