I romani sono rientrati dalla ferie, ma tutto il resto vive in vacanza da anni
di Maria Serra

Tutti aspettiamo il giorno 11 settembre, deputato in questo 2017, per la riapertura di quasi tutti gli istituti scolastici della Capitale. E’ il giorno ‘x’, quello dove il nervosismo dei romani, già sufficientemente compromesso da tanti fattori, toccherà il culmine.

I motivi sono tanti, troppi. Le infrastrutture che fanno acqua da tutte le parti, i servizi pubblici che non funzionano e che ancora oggi non rappresentano una valida alternativa all’autovettura privata, lo sconforto di una mala gestio politico amministrativa che non mette mai al centro il cittadino e le sue esigenze. Poi, però, ci sono anche i romani e tutti quelli che romani non sono, ma che, pur abitandoci o semplicemente perché di passaggio, non rispettano affatto Roma, trovando terreno fertile per alibi, comodi e lontani da loro, ma necessari per nascondere le responsabilità del singolo e una maleducazione dilagante.

Del resto non si spiegherebbero tanti fenomeni di vandalismo, di vera e propria deturpazione di spazi pubblici e di tanto malaffare, come non si spiegherebbe nemmeno perché in una città come Torino, o come Milano, tutto, sebbene in dimensione minore, riesca a funzionare e a migliorare, laddove serve.

Non può essere solo colpa della politica, questo ce lo dobbiamo dire francamente. Roma ha votato all’unisono il Movimento Cinque Stelle, ma non riusciamo più a capire, se per la sindaca Raggi prevalga più l’essere ‘romana’ o piuttosto una ‘cinquestelle grillina’, come ci si aspettava che agisse. Stesso dicasi per i sette anni di Veltroni e per i cinque anni di Alemanno poi. E’ vero che i romani ormai sono ben pochi perché si tratta di una città crocevia di persone e di interessi diversi, ma è una domanda che è necessario porsi.

Allo stesso modo, le aziende dei servizi pubblici della Capitale non sono soggetti giuridici che fanno capo ad entità astratte: in queste aziende lavorano persone e la somma di tanta forza dovrebbe generare quell’energia e quelle capacità che dovrebbero mandare avanti una città 4.0. E invece, la città dello Stato, la Capitale d’Italia, quella che dovrebbe trainare tutto il Paese mette in vetrina il peggio. E non solo sui giornali, ma nella vita di tutti i giorni: il grande raccordo anulare costantemente intasato, le strade che sono diventate foreste incolte e cassonetti a cielo aperto. Poi ci sono multe che fioccano per centinaia di milioni di euro e che il Comune non sa reinvestire in nulla di concreto.

Ormai si vive alla giornata, manca una programmazione anche minima, gli investimenti privati fuggono, le grandi aziende chiudono le loro sedi e i soldi pubblici servono solo per pagare gli stipendi e forse non riusciranno più neanche a fare questo.  Chi sarà in grado di dare un futuro alla Capitale? E’ semplicemente il caos.

Author

PNR