Notizia del 5 luglio scorso: “Famiglia rom occupa una villa a Porto Cervo: anche noi abbiamo diritto alle vacanze”. Sembra Lercio.it e invece no, è stata rilanciata, tra gli altri, da Repubblica, Ansa, Tgcom, ecc. Non è una fake news. E’ solo lo specchio dei tempi. Senza saperlo la famiglia rom, di origini slave ma cittadini italiani, ha dimostrato di aver assimilato al meglio costumi e cultura italiana. La cultura del diritto. Non Diritto con la D maiuscola, quello nato a Roma, ma i diritti in generale, parola vaga in cui tutto sta bene. Il lavoro è un diritto; la cultura è un diritto; internet è un diritto; le vacanze son un diritto; sbarcare in Italia è un diritto, è potrei continuare all’infinito. Mai nessuno che parli di doveri, però. Senza dire l’ovvio, cioè che i diritti di uno coincidono coi doveri di qualcun altro, non si sente mai parlare di doveri.

Prendiamo, ad esempio i migranti. Hanno il diritto di sbarcare in Italia, il diritto di essere accolti, il diritto di essere accuditi anche se non sono rifugiati politici (visto che sono pochissimi). Ma qualche dovere ce l’hanno? Che so, di imparare l’italiano mentre sono qui, di non essere molesti, di darsi da fare (molti lo fanno, ma non ne parla mai nessuno).

Il 6 luglio i sindacati dei trasporti indicono l’ennesimo sciopero. Per quale motivo? “Le lavoratrici e i lavoratori autoferrotranvieri – spiega l’Usb – incrociano oggi le braccia in tutte le città del Paese e lo fanno per difendere il diritto dell’esercizio di sciopero nei servizi pubblici essenziali”, recita il loro comunicato. Insomma, scioperano per il diritto allo sciopero. Ovviamente del loro dovere di lavoratori non se ne frega nessuno. Dei diritti dei cittadini, dei passeggeri non ne cale un fico secco a nessuno. Una visione del lavoro come diritto porta a una pretesa, senza alcun merito o contropartita. Porta a una dialettica padrone-salariato che criminalizza il datore di lavoro solo perché datore, caricando il lavoratore di supposti diritti e il datore di lavoro di obblighi. Una visione ottocentesca, o, a essere ottimisti, post bellica, quando c’era da ricostruire uno Stato, una democrazia, un’infrastruttura istituzionale e relazionale. Ma sono passati decenni, molti decenni.

Oggi l’Italia è diversa, la società è dinamica, fluida, non si può restare ancorati a schemi ormai antichi. Ciò che manca in Italia è l’etica dei diritti, cioè di come richiederli e cosa offrire in cambio. So che molti non saranno d’accordo con quanto scrivo. Ma, potendo farlo, ho il dovere di farlo. E’ un mio diritto!

Piero Tatatfiore

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PNR