Il 25 Aprile è molto di più dello straordinario gesto di Liberazione del paese dal nazi-fascismo. Oggi dovremmo celebrare il passaggio dalla società chiusa a quella aperta, o almeno l’inizio del processo di apertura del nostro paese.

Il 25 Aprile dovremmo lasciarci alle spalle il corporativismo (che è peggio dello statalismo), il provincialismo, e la mediocrità per lasciare spazio al pluralismo, alla convivenza tra liberi cittadini, e alla scienza quale metodo sperimentale per cogliere e risolvere i problemi che il tempo ci presenta. Con il 25 Aprile avremmo dovuto consacrare la Liberal democrazia, per non dire addirittura uno Stato Liberale. Così non è, però. Ci limitiamo, allora, a ricordare la fine di una tragedia storica, e a ringraziare quei ragazzi che ci hanno portato la Libertà. A loro va il merito della Libertà che assaporiamo ogni giorno.

Dobbiamo però registrare che nonostante gli sforzi di taluni, da allora, rispetto a quanto c’era prima di quel 25 Aprile 1945, è cambiato poco. Stiamo certamente meglio, anzi viviamo un benessere che – come dimostrano i numeri – non ci meritiamo, perché sproporzionato rispetto alle nostre attuali capacità di produrre ed innovare. Siamo riusciti a migliorare le nostre condizioni di cittadini liberi, ma lo abbiamo fatto abbastanza a singhiozzo prima e poi, dai primi anni ’90, indebitandoci con il futuro per vivere al di sopra dai nostri mezzi e non per sostenere investimenti. Così come godiamo di molti strumenti per rafforzare il pluralismo e la partecipazione. Ma li utilizziamo male, tanto che nel complesso facciamo ancora poco rispetto a quanto avremmo dovuto fare e dobbiamo urgentemente perseguire.

La globalizzazione dei mercati, dei rapporti interpersonali a distanza, della singolarità tecnologica ci impongono di coltivare uno Stato Liberale se non altro per mantenere una parte di quel benessere che chi è venuto prima di noi ci ha lasciato. Per farlo è essenziale intraprendere quelle riforme che sono state invocate già decenni or sono da pensatori quali Luigi Einaudi che dovrebbero portarci verso una migliore convivenza tra cittadini il cui fine resta sempre lo stesso, e cioè ampliare le nostre Libertà e crescere la nostra prosperità.

Auspichiamo che con questo ennesimo 25 Aprile, oltre alla retorica del ricordo, gli sforzi di chi ha combattuto, anche inconsciamente, per una società aperta, non siano vani, e si concretizzino in una serie di azioni cruciali:

  • Il ripensamento dello Stato, nel suo ruolo (di minimo regolatore) e nella sua struttura (snella e funzionante);
  • Il ritorno al primato della politica in Italia e in Europa – come sosteneva Einaudi – e quindi al confronto dialettico tra gruppi politici portatori di idee in costante conflitto, quale espressione di una dirigenza che è in grado di cogliere le trasformazioni nel tempo e di produrre soluzioni sempre nuove;
  • Il primato del cittadino, individuo libero e responsabile, rispetto all’egemonia delle corporazioni pubbliche e private;
  • La centralità della scienza e del metodo sperimentale quale strumento per la coltivazione della conoscenza, e quale motore per l’innovazione sia economica che sociale
  • Il riconoscimento del mercato quale ambiente che stimola la creatività e la libera iniziativa;
  • La costante attenzione all’arrivare delle nuove generazioni.

Senza questo nostro impegno, il 25 Aprile resterà la miglior arma retorica che l’attuale mediocrazia – che ha la presunzione di governarci – utilizza per conservare lo status quo ed impedire il fiorire della Società Aperta. Per noi il cambiamento deve essere un fine, per loro è lo strumento del potere.

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PNR