Affaritaliani.it, 4 febbraio 2017

Londra vuole diventare un porto franco e attirare i miliardari del mondo. La Brexit serve a questo. Il governo inglese vuole proseguire con la strategia per crescita: attirare la finanza cinese, e quella islamica, favorire il fin-tech e il trading delle energie pulite. I risultati ci sono già: la liquidazione e il regolamento delle transazioni denominate nello yuan, la valuta cinese – che è da poco entrato nel paniere delle monete di riserva del Fondo Monetario – avviene a Londra, grazie ad una swap line tra la Banca Centrale Inglese e la People’s Bank of China che fa della capitale britannica la cassa di compensazione e garanzia cinese.

Un centro off-shore collegato con le altre capitali d’Europa catturerebbe il mercato del private banking, più stabile e più attraente del volatile mercato del corproate finance (che pure rimarrà a Londra, grazie alle norme europee sulla reverse solicitation).

L’Europa cosa pensa di fare? Una risposta unanime non sembra esserci, la UE è troppo articolata e complessa per trovare un’alternativa agile a Londra. Solo un accordo tra le metropoli continentali può limitare lo strapotere londinese. Amsterdam, Barcellona, Berlino, Francoforte, Madrid, Milano e Parigi devono organizzarsi istituendo una rete di città specializzate, ciascuna in grado di attirare investitori e visitatori più e meglio di quello che Londra possa mai pensare di fare.

E l’Italia? In questo scenario solo Milano potrebbe essere in grado di competere con Londra e con il resto delle capitali della UE.

La Brexit resta – ancora per poco se continuiamo ad aspettare – un’opportunità per una città come Milano, la cui area metropolitana si estende virtualmente fino a Bologna, Genova, Torino, Lugano e il Veneto. Le condizioni ci sono. Ci vuole la volontà pero’. L’Agenzia Europea dei Medicinali a Milano sarebbe un successo che risponde ad un interesse legittimo e che porterebbe linfa ad un settore in cui eccelliamo, ma resta un obbiettivo poco ambizioso. Siamo ancora in tempo per ottenere di più. Per esempio, dopo aver inspiegabilmente rinunciato all’Autorità Bancaria cedendola presumibilmente a Francoforte, Milano dovrebbe continuare a puntare alla finanza, per esempio al mercato dell’Euro Clearing che deve forzatamente lasciare Londra per garantire alla Banca Centrale Europea la possibilità di controllare la stabilità finanziaria e il rischio sistemico all’interno dell’Eurozona. Trasferire l’Euroclearing a Milano manterrebbe profitti e ricavi all’interno del balance sheet del London Stock Exchange che ne è il proprietario, ma consentirebbe a Milano di creare posti di lavoro attirando le preposte agenzie finanziare, indotto e quindi crescita. Ci sarebbero anche le condizioni per superare gli impedimenti burocratici. La Consob ha instituito in estate l’arbitro per la conciliazione finanziaria, mentre il comune con il sostegno del Governo potrebbe finalmente adottare un Gruppo di Interesse Economico (GEIE), sul modello londinese, che consentirebbe agli operatori commerciali e finanziari di operare oltre frontiera usufruendo di un protocollo di autoregolamentazione e giustizia privata come previsto dalla legislazione europea che snellirebbe la burocrazia e faciliterebbe i rapporti contrattuali. Se poi si riuscisse finalmente a riconoscere la condizione di Milano Città Stato tutto sarebbe ancora più facile.

Author

PNR