debito pubblico

#Sul Debito… Beati i Giovani

PNR59, verso il 4 Marzo. Due cari amici e raffinati analisti, Daniele Capezzone e Raffaello Morelli, ci offrono due diversi punti di vista guardando al voto. Utile!!!

Il rapporto tra il debito pubblico accumulato dallo Stato e il PIL nominale è l’indicatore che più dovremmo tenere in considerazione per capire il nostro stato di salute.

Alla fine del 2017 il nostro è 131,6% (debito a 2.256 miliardi). Ci siamo indebitati troppo (un terzo dal 2008 al 2016), continuiamo ad indebitarci  (ancora oggi +0,42% oltre l’inflazione)  e cresciamo poco. Eppure per vent’anni (ad eccezione del 2009) abbiamo registrato un avanzo primario (entrate meno uscite prima degli interessi), cioè spendiamo meno di quanto incassiamo ma siamo strozzati sugli interessi del debito eccessivo. Dovremmo anche aggiungere che spendiamo male, cioè non investiamo. Il debito cresce dunque per gli interessi che si devono – giustamente – riconoscere ai creditori.

PERCHE’ E’ IMPORTANTE?   Non usiamo il debito per investire e crescere (scuola, R&D, imprese), ma per mantenerci (pensioni) e male (welfare). Se fossimo un’impresa dureremmo molto poco. Chi di noi è disposto a prestare risorse ad un soggetto che cresce poco e si indebita tanto? Il valore di quell’impresa sarebbe pessimo.

Un debito alto è infatti, sostenibile solo se ad esso corrisponde un’equivalente crescita e prospettive di sviluppo. L’Italia offre un potenziale di sviluppo in teoria, ma nei fatti non cresce.

USARE IL DEBITO PER INVESTIRE   le nuove risorse prestate dovrebbero essere perciò investite in infrastrutture, scuola, R&D, etc.

TAGLIARE L’IMPRODUTTIVO   tutto ciò che non porta crescita e benessere va ridotto, compreso quel patrimonio pubblico che non produce. Al punto in cui si è arrivati però è dubbio che basti.

LA CICALA SCIOCCA   c’è chi invece, questa campagna elettorale ce ne offre un catalogo, ribaltando Keynes, ritiene il debito uno strumento utile per sperperare (non per investire) che può essere estinto semplicemente negando ai creditori il dovuto come se questi fossero degli stupidi. Ignorano che le FORMICHE SONO MOLTO INTELLIGENTI e torneranno a chiedere conto.

BAD SCORE  possiamo scappare dai creditori? (a) alcuni di questi ci porterebbero in tribunale e ci faremmo male – vedi Argentina; (b) ci emarginerebbero dai mercati, cioè gli investitori scapperebbero (idem); (c) perderemmo qualsiasi credibilità (che c’è rimasta) e quindi sarebbero richiesti più interessi per investire sui nostri titoli pubblici.

LA FOLLE FUGA  potremmo uscire dall’Euro, emettere moneta, e convertire il debito nella PRESTIGIOSA NUOVA LIRA 😂 che la rinata BANCA CENTRALE D’ITALIA garantirebbe per ripianare il debito. Questa ipotesi ignora la realtà delle cose che è il fondamento della vita sociale ed economica. Cosa succederebbe se il mercato si riempisse di Lire? Ancor prima, cosa succederebbe se l’Italia abbandonasse l’Euro?

L’ARGENTINA   Il 23 dicembre del 2001 l’Argentina dichiarò bancarotta su un debito di 93 miliardi USD verso gli investitori esteri. Due settimane prima anche il Fondo Monetario internazionale (FMI), l’ultima risorsa di finanziamento, chiuse i rubinetti. La Casa Rosada, il parlamento argentino, giubilò per la notizia del fallimento, invece di dolersene. Da allora all’elezione di Macrì, a Buenos Aires non è arrivato un investimento, e il paese è sprofondato nella povertà. Nonostante tassi di crescita del 8%, nel 2014 è fallita nuovamente, per l’ottava volta, un default tecnico.

L’Italia non è l’Argentina (quella del 2001 o del 2014). Cresce meno, paradossalmente, ma ha fondamentali economici solidi e un tessuto produttivo unico, nonostante le difficoltà. Chi dovrebbe occuparsi della finanza pubblica (a cominciare da chi ha governato e dalle burocrazie alla guida della macchina pubblica) è certamente più responsabile.  Sul tema del debito però qualche dubbio ci viene: i cittadini dovrebbero cominciare a chiedere conto, iniziando a pretendere che si parli di come tagliare drasticamente il debito che nel bilancio annuale succhia risorse altrimenti destinabili alla ripresa economica.

Nota I: il debito pubblico è composto per circa l’84% da titoli di Stato. il 65% sono italiani, banche (20%), assicurazioni /17), Banca Italia (11%), fondi (3%), famiglie (6%), altri (8%). Il rimanente è BCE (9%), investitori esteri (26). 

Nota II: la BCE prima o poi taglierà gli acquisti di titoli. Cosa potrebbe succedere? Saliranno gli interessi, penalizzando il debito. 

Beati i Giovani che Erediteranno il Debito Pubblico (H. Hoover). 

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PNR