conflitto generazionale

Un momento di attenzione, potrebbe essere importante quanto state per leggere. Stiamo vivendo un pericolosissimo conflitto generazionale tra i Millennial e i Baby Boomer. Ne siamo largamente inconsapevoli e conseguentemente non ne stiamo affrontando i rischi e le pericolose conseguenze.

L’automazione (i robot e l’intelligenza artificiale) sta portando via molti lavori ai Millennial, forzandoli a (i) crearsi nuovi lavori (che non è necessariamente una brutta cosa) ma molto rapidamente (cosa invece molto difficile), (ii) districarsi tra più lavori contemporaneamente (flessibilità), (iii) accettare offerte salariali basse in competizione con le macchine, e infine (iv) sopravvivere alla mancanza di sicurezza (precarietà) che le nuove forme contrattuali non riescono o non possono a garantire.

Anche i Baby Boomer rischiano di (i) lasciare il lavoro ai robot, (ii) non essere in grado (data l’età) di inventarsene uno e di rieducarsi (re-skilling), (iii) non digerire la flessibilità (non è nel loro DNA culturale), ma a differenza dei Millennial possono ancora godere di una rete di protezione pubblica e soprattutto familiare.

PERCHE’ E’ IMPORTANTE?   Si potrebbe scatenare una guerra generazionale per il lavoro e la ricerca del sostegno pubblico. Il gap salariale andrebbe aumentando (gli ultimi dati USA mostrano finalmente un incremento dei salari ma anche del gap). I consumi potrebbero scendere ulteriormente con un pesante impatto sulla crescita economica. A spendere sarebbero solo quelle fasce di reddito in grado di risparmiare, mentre le nuove generazioni non sarebbero in grado di accumulare risorse e spenderebbero tutto quel poco che hanno.

Millennial potrebbero reclamare forme di sostegno quali il reddito di cittadinanza.
Baby Boomer potrebbero non voler rinunciare a quei così detti diritti acquisiti.

I sintomi di questo conflitto si percepiscono già, anche in Italia, solo che non li correliamo in un’analisi d’insieme delle rapide trasformazioni sociali che stiamo sperimentando, a cui dobbiamo aggiungere che:

  • la popolazione sta invecchiando rapidamente;
  • le nascite sono ferme al palo (anche ma non solo a causa della precarietà);
  • solo l’ingresso degli immigrati spinge in su la popolazione;
  • i nuovi arrivati hanno un livello di educazione mediamente basso;
  • gli adulti lasciano il mercato del lavoro più tardi;
  • la concorrenza globale aumenta, la produttività resta bassa e con essa i salari o almeno il gap salariale cresce (elevata occupazione bassi salari, una riflessione per la scuola neoclassica);
  • etc…

LA TEMPORALITA’ DEL LAVORO   La frammentazione del lavoro è orizzontale, tra diversi impieghi, ma anche verticale, tra lavori che diventano rapidamente obsoleti e nuove professioni che richiedono ri-educazione. Le nuove generazioni saranno forzate ad allontanarsi dal lavoro per ri-educarsi (re-skilling). Chi paga? Chi le assiste?

CHE FARE?   Boh… direbbe il saggio. Economisti e sociologi in giro per il mondo, poco in Italia, si stanno rompendo il capo per cercare di capirci qualcosa. I fattori sono molti così come le variabili. Gli strumenti di cui governi e aziende sono dotati non rispondono più a queste novità. La nostra stessa natura, o almeno il nostro modo di interfacciarci con il mondo del lavoro fatica a comprendere il cambiamento. In passato, abbiamo REAGITO alle grandi trasformazioni perché abbiamo avuto il tempo di adattarci.

LA VELOCITA’ DI OGGI   Richiede tempi di reazione rapidi. Ce la faremo anche questa volta come fu per la pietra, l’agricoltura, la scrittura, l’industria?

PER FARLO   dobbiamo prepararci a 20/30 anni di grandi trasformazioni, in cui cambieranno i rapporti tra governi e cittadini, governi e imprese, cittadini e imprese. Nel frattempo dobbiamo ripensare il concetto stesso di lavoro, e forse, il nostro ruolo nel mondo. Ma prima di tutto, dobbiamo pensare e sperimentare (e misurare), cosa che stanno facendo in pochi.

Buona settimana, da Amsterdam

Author

PNR