Le voci di spesa più consistenti nel mantenere un figlio riguardano l’abitazione e l’educazione. Secondo una serie di studi, una famiglia spende all’incirca 170.000 per il mantenimento del proprio figlio fino al compimento del diciottesimo anno d’età. Cosa potrebbe accadere per andare incontro ai bisogni delle famiglie italiane? In programma c’è la discussione al Senato del cosiddetto assegno universale, in sostituzione dei bonus e delle agevolazioni già esistenti. Si tratta, in poche parole, di un assegno mensile indipendentemente dal numero dei figli a carico e a seconda del reddito.

La delega punta a dare a tutti un sostegno a tutte le famiglie che hanno figli, a prescindere dalla tipologia di lavoro dei genitori e ipotizza di accompagnare i figli fino alla loro presunta autonomia, con un sistema di “decalage”: fino ai 3 anni l’assegno sarebbe più cospicuo, per ridursi tra i 3 e i 18 ed essere ulteriormente limato fino ai 26 anni. Secondo le prime stime, sembra che questo strumento possa garantire un contributo pari a 200 euro al mese per ogni figlio fino ai 3 anni di età, 150€ fino ai 18 anni e 100€ per i successivi 8 anni.

Si prevede che il governo, entro tre mesi dall’ok del Parlamento alla delega, riconosca un’unica misura universalistica per ciascun figlio a carico, abolendo i vari assegni per il nucleo familiare e legando il nuovo beneficio all’Isee. Fino a 30mila euro di soglia Isee l’assegno sarebbe uguale per tutti per poi andare a calare nella fascia tra 30 e 50mila euro di soglia Isee.

Il testo prevede anche l’innalzamento della soglia di 5mila euro per ogni ulteriore figlio a carico e per gli incapienti prevede esplicitamente che “il beneficio sia riconosciuto in denaro”, in modo da superare l’esclusione dalle detrazioni fiscali.

Il mio intervento ad Uno Mattina su Rai Uno.

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PNR